Martedì 12 gennaio il primo esperimento di collaborazione, 15 i ragazzi che hanno preso parte all’iniziativa

Pastorale Giovanile “in uscita” con la Ronda della carità

Giovani in uscita. Nella nostra diocesi la missione di Papa Francesco ha (anche) il volto e gli occhi dei giovani che, invitati dalla pastorale Giovanile, lo scorso martedì 12 gennaio hanno sperimentato l’incontro con senzatetto e persone ai margini, accompagnando i volontari della Ronda della carità in un giro per la città. Erano 15, tra i 18 e i 30 anni, di parrocchie diverse (non solo della città), molti di loro non si conoscevano tra loro, ma l’invito al servizio concreto e all’incontro con chi è nel bisogno ha fatto evidentemente risuonare qualcosa in ognuno di loro. E così si sono ritrovati alle 18 in Caritas per un momento di formazione. Assieme a loro, oltre ai volontari della Ronda e a operatori della Caritas, tre sacerdoti, il direttore della Caritas don Alain Gonzales Valdès, il responsabile del servizio di Pastorale Giovanile don Stefano Bucci e don Mattia Balelli: “Tra gli atteggiamenti che dobbiamo avere nell’incontro con le persone bisognose – ha spiegato don Mattia che nella sua formazione in seminario ha fatto un’esperienza simile – c’è innanzitutto l’ascolto, occorre poi superare quello scoglio di indifferenza iniziale e mettersi fuori da sé per incontrare l’altro. Di qui altri due atteggiamenti fondamentali: l’umiltà da un lato (si tratta di persone che hanno una storia molto lunga e anche complessa, saremo noi a ricevere da loro più di quello che potremo dare) e poi la tenerezza”. “In strada incontriamo sia migranti che italiani – racconta Anai Giovanardi, che da oltre un anno fa servizio con la ronda sulle strade di Ravenna – ma mentre i primi sono in un certo senso al termine di un percorso di perdita di relazioni, del lavoro, della casa che li ha portati ad isolarsi e a finire in strada; per gli stranieri invece si tratta di una condizione iniziale”. È quello che si percepisce incontrando ad esempio Francesco, 50 anni, arrivato a Ravenna da Sarajevo nel ‘95, a pochi mesi dall’inizio della guerra che avrebbe devastato la sua città. Dopo un divorzio, difficoltà lavorative e dopo aver interrotto legami anche profondi, come quelli con i figlio che abitano nel ferrarese, si ritrova a vivere in un camper, ai margini della città, e occasionalmente ospita connazionali di passaggio a Ravenna. Così ha conosciuto Draghisha, con il quale lo hanno incontrato i giovani della ronda, martedì sera. I suoi discorsi sono sospesi tra un passato quasi mitico, quando, appena arrivato in Italia “i soldi arrivava quasi senza muovere un dito” e un futuro che può cambiare da un momento all’altro (“Adesso mi riprendo, non vi preoccupate”). In pochi minuti Francesco racconta i suoi problemi concreti: il freddo,la bombola del gas terminata, la paura dei controlli, quelli di qualche attacco razzista (gli hanno già dato fuoco alla roulotte, spiega) e, tra una tazza di tè e un panino, mostra i suoi tesori, gli strumenti per tornare a quel passato glorioso o per mordere il futuro: “Guarda che forcone! Con questo e magari con qualche tuta da sub che mi hanno appena regalato, in primavera posso pescare un sacco di esce”. Di “lavoro” infatti fa il raccoglitore di esche di valle per la pesca: lo pagano 30 centesimi a scatola. Ma per lui è la strada del riscatto. La sorpresa, per i ragazzi che hanno sperimentato la ronda è l’empatia che si riesce a creare con le persone di strada: nel giro di qualche decina di minuti si finisce per parlare del pane di Sarajevo e ad ascoltare musica balcanica insieme dal cellulare nella notte ravennate. Oltre i pregiudizi, si trova l’uomo che, come dice Papa Francesco, ci porta più vicini a Dio.

Daniela Verlicchi

Fonte Risveglio2000